Dipende dal regime contabile scelto, così come gli obblighi di gestione dell’impresa: facciamo chiarezza

Quando arriva il momento di aprire una partita Iva, la domanda è sempre la stessa: quale regime fiscale dovrei scegliere? E, soprattutto, quante tasse dovrò pagare?

Quello della tassazione italiana è un argomento sempre oggetto di discussione non solo per le aliquote e le scadenze di acconti e saldi ma anche perché, come spiega diffusamente il portale regime-forfettario.it, molto apprezzato per i suoi contenuti a tematica fiscale, il mancato versamento delle imposte dà il via a una serie di complicazioni che rischiano di far finire una partita Iva in una spirale di debiti con il fisco da cui può essere complicato uscire.
Quindi, per capire come funziona la tassazione per le partite Iva italiane, è bene fare un quadro chiaro non solo dei diversi regimi fiscali, ma anche della tassazione a cui sono sottoposti.

Regimi contabili in Italia: quali sono?

In Italia troviamo tre regimi contabili più alcuni regimi speciali, destinati ad alcune precise categorie d’impresa.

Il regime ordinario è il regime contabile che riguarda le società di capitali e le imprese individuali che superano determinati limiti di fatturato. Necessita di una gestione piuttosto complessa, con la registrazione di costi, incassi, versamenti, etc.; inoltre, il regime ordinario obbliga a tenere i libri contabili e i registri IVA. D’altro canto, permette di tenere sott’occhio lo stato finanziario e patrimoniale dell’impresa.

Il regime ordinario è obbligatorio per le società di capitali e società di persone e professionisti che abbiano fatturato più di 400mila euro in servizi o più di 700mila euro in altre attività nell’anno fiscale precedente.

Il regime semplificato richiede una gestione meno complessa rispetto al regime ordinario e riguarda le imprese che nell’anno fiscale precedente hanno incassato ricavi inferiori a 400mila euro nell’erogazione di servizi e ricavi inferiori a 700mila euro per altre prestazioni. Si chiama semplificato perché le scritture contabili devono obbligatoriamente registrare solo le operazioni concluse (fatture incassate e pagate, etc.).
Tuttavia, le imprese devono tenere un registro di entrate e spese.

Infine, il regime forfettario, introdotto con la Legge di Bilancio del 2015, è un regime fiscale semplificato che prevede un’imposta sostitutiva a forfait, calcolata su una percentuale del reddito in base a un coefficiente di redditività.
Chi apre una partita Iva a regime forfettario ha molti meno obblighi rispetto agli altri regimi contabili: per esempio, non è obbligato ad avere una contabilità formale. Con la Legge di Bilancio di quest’anno, il limite dei ricavi è stato portato a 85mila euro all’anno.

Esistono poi regimi contabili specifici per settori o professioni come agricoltura, pesca, trasporti che prevedono precise agevolazioni fiscali e altre semplificazioni.

Tassazione delle partite Iva in Italia: cosa bisogna pagare

Vediamo ora come funziona la tassazione per i principali regimi contabili in Italia.

Partiamo dal regime ordinario, che secondo le leggi fiscali italiane deve pagare diverse forme di tassazione.

  • Irpef: le aliquote variano a seconda del reddito generato: per esempio, se fino a 15mila euro di attività è del 23%, per il redditi superiori ai 50mila euro sale al 43%. Per fare un esempio, se un partita Iva nel regime ordinario fattura 25mila euro, pagherà il 23% fino ai 15mila euro e il 25% sui 10mila euro restanti.
  • Ires, l’imposta sul reddito delle società, aliquota del 24%
  • Iva: da versare mensilmente oppure ogni tre mesi.
  • Irap o imposta regionale sulle attività produttive con aliquota del 3,9% che però può variare a seconda della regione
  • Addizionali regionali e comunali varie
  • Contributi previdenziali: casse specifiche o gestione separata INPS, con aliquote che vanno dal 24% al 34,23%

Per quanto riguarda il regime semplificato, le aliquote IRPEF sono le stesse del regime ordinario, così come l’Iva sulle fatture, le addizionali e i contributi previdenziali.

Il regime fiscale agevolato è senza dubbio il forfettario, che prevede l’esonero dall’IVA, dall’Irap e dall’Irpef: le imposte sono del 15% (5% i primi cinque anni) su una percentuale dei ricavi, calcolata sul coefficiente di redditività (che si basa a sua volta sul codice Ateco) secondo questa formula

  • Reddito lordo annuo x coefficiente di redditività – contributi previdenziali

Per esempio, se un libero professionista con coefficiente di redditività al 78% incassa 13mila euro, dovrà calcolare così la tassazione

  • 13mila x 78%= 10.140
  • Contributi previdenziali: 2700 euro
  • Reddito imponibile: 10.140-2700 euro=7.440

Sui 7.440 euro ottenuti va calcolata l’aliquota del 5% o del 15%.

In conclusione

I regimi contabili italiani, ordinario, semplificato, forfettario e speciali, hanno un livello di tassazione più o meno elevato. La tassazione più semplice da calcolare è senza dubbio quella del regime forfettario, che però non permette di scaricare alcuna spesa. Per scegliere il regime fiscale più adatto, è bene affidarsi a un commercialista preparato, che sappia consigliare per il meglio il proprio cliente.

Di Alessandro Garoffi

Scrivo un blog sulle mie cose preferite e condivido i piccoli momenti della mia vita che mi rendono felice. La vita è troppo breve per non divertirsi.